Esperienze di Fisica

Esperienza sull'interferenza luminosa di due sorgenti coerenti

Nell'esperienza che qui descriviamo ci proponiamo di riprodurre, con alcune varianti, la storica esperienza eseguita da Thomas Young nel 1801 allo scopo di

  • misurare tramite il fenomeno dell'interferenza la lunghezza d'onda della luce emessa da una sorgente laser incidente su due fenditure.

In questa pagina, continuazione di una precedente a carattere teorico, proponiamo tre modalità differenti per stimare la lunghezza d'onda, le prime due utilizzando i dati rilevati da un sensore ccd, la terza sulla base di foto del fenomeno con rilievo manuale dei dati.
Ad una prima analisi geometrica dove si ipotizza di osservare il fenomeno dell'interferenza a opportune distanze dalle sorgenti, seguono le varie sezioni sperimentali. In sintesi la struttura della pagina è la seguente:

 

foto interferenza foto interferenza
d = 0.25 mm d = 0.3 mm
foto interferenza foto interferenza
d = 0.5 mm d = 1 mm
Figura 1.

Geometria dell'esperienza

Poiché nella pagina precedente abbiamo dimostrato come la distribuzione in intensità dovuta all'interferenza di

  • due onde piane (prima condizione),
  • prodotte da sorgenti in fase (seconda condizione) e
  • monocromatiche (terza condizione)

è rappresentata in termini della differenza di fase \(\Delta\phi\) dalla funzione \[ I=4I_0\cos^2\Bigl(\frac{\Delta\phi}{2}\Bigr) \] oppure dato che nelle ipotesi appena esposte \(\Delta\phi\) dipende solo dal diverso percorso seguito dalle due onde, dalla più esplicita funzione \begin{equation} I=4I_0\cos^2\Bigl[\frac{\pi}{\lambda}(r_1-r_2)\Bigr], \label{eq:eq01} \end{equation} è necessario, per lo scopo che ci siamo posto, esprimere tale espressione in termini di grandezze misurabili. Difatti, se appare relativamente facile rilevare come varia l'intensità luminosa (è sufficiente eseguire una fotografia!) non è invece possibile, nel caso della radiazione luminosa e in un'esperienza di carattere didattico, la misura diretta di \(r_1\) e \(r_2\) data l'estrema piccolezza della lunghezza d'onda \(\lambda\). Dovremo quindi proporre delle ipotesi semplificatrici che, con opportune approssimazioni, ci permetteranno di determinare \(\lambda\).

In riferimento alla fig. 2 un fascio di luce proveniente da un laser incide perpendicolarmente su un supporto F dove sono presenti due piccole fenditure parallele \(S_1\) e \(S_2\) poste alla distanza \(\overline{S_1S_2}=d\). Poiché il fascio della luce laser oltreché coerente è caratterizzato da una piccola divergenza angolare, possiamo considerare tale radiazione come costituita da onde piane i cui fronti d'onda incidono nel medesimo istante sulle due fenditure. In tal modo le due fenditure diventano, per il principio di Huygens, sorgenti secondarie di onde e, fatto fondamentale, sono coerenti. Seppure i fronti d'onda prodotti da \(S_1\) e \(S_2\) siano cilindrici, la grande distanza \(L\) dello schermo \(S\) su cui studiare la distribuzione dell'intensità rispetto alla separazione \(d\) delle sorgenti garantisce che tali fronti d'onda siano, a tale distanza, sostanzialmente piani per cui possiamo ritenere valida la distribuzione in intensità data dalla \eqref{eq:eq01}.

schematizzazione geometrica
Figura 2.

Nell'ipotesi che quindi sia \(L\gg d\), i due percorsi \(S_1P\) e \(S_2P\) rispettivamente di lunghezza \(r_1\) e \(r_2\), nonché \(OP\) che collega il punto medio \(O\) tra le fenditure con il punto \(P\) sullo schermo, sono sostanzialmente paralleli cosicché la differenza di cammino \(r_1-r_2\) è pari alla lunghezza del cateto \(S_1B\)

\begin{equation} r_1-r_2=\overline{S_1B}. \end{equation}

del triangolo rettangolo \(\triangle S_1BS_2\). Se quindi poniamo \(\theta_m=\angle BS_2S_1\) la precedente diviene \begin{equation} r_1-r_2=\overline{S_1B}=\overline{S_1S_2}\,\sin\theta_m=d\,\sin\theta_m \end{equation} e, sempre nell'ipotesi \(L\gg d\), l'angolo ad argomento del seno soddisfa l'approssimazione \(\theta_m\approx 0\) per cui, com'è noto dall'Analisi, è anche \begin{equation} \sin\theta_m\approx\theta_m\approx \tan\theta_m. \end{equation} D'altra parte, se \(y_m\) è l'ordinata del punto \(P\) nel sistema di figura 2 con origine in \(O\), è pure \begin{equation} \tan\theta_m=\frac{y_m}{L} \end{equation} per cui, in definitiva \begin{equation} r_1-r_2=d\sin\theta_m\approx d\tan\theta_m\approx \frac{d\, y_m}{L} \end{equation} e la \eqref{eq:eq01} diviene \begin{equation} I=4I_0\cos^2\Bigl[\frac{\pi\, d\, y_m}{\lambda L}\Bigr] \label{eq:eq07} \end{equation} la cui rappresentazione grafica è stata riportata nella pagina precedente.
Gli angoli di ordine \(m\) e \(m+1\) rispettivamente pari a \(m\pi\) e \((m+1)\pi\) in corrispondenza dei quali le frange mostrano un'interferenza costruttiva di intensità pari a \(4I_0\) sono evidentemente collegati alle posizioni \(y_m\) e \(y_{m+1}\) sullo schermo \(S\) dalle \[ m\pi=\frac{\pi d\,y_{m}}{\lambda L},\hskip1cm (m+1)\pi=\frac{\pi d\,y_{m+1}}{\lambda L} \] per cui, definita la separazione \(\Delta y=y_{m+1}-y_{m}\) tra due massimi su \(S\) (ma si trova la medesima relazione pure per le frange di interferenza distruttiva), discende che \begin{equation} (m+1)\pi-m\pi=\frac{\pi d\,y_{m+1}}{\lambda L}-\frac{\pi d\,y_{m}}{\lambda L}\quad\Longrightarrow\quad \pi=\frac{\pi d\,\Delta y}{\lambda L} \end{equation} da cui otteniamo l'espressione della lunghezza d'onda \begin{equation}\bbox[border:1px solid red,15px,#ffffcc]{ \lambda =\frac{d\,\Delta y}{L}} \label{eq:eq09} \end{equation} in termini di grandezze misurabili in laboratorio.

Allestimento e apparato

La foto che segue, fig. 3 (ma pure quelle di inizio pagina) mostra, visivamente, la successione delle frange rilevate su uno schermo posto ad una distanza di 7,84 m e prodotte dall'interferenza della luce emessa da un laser a diodo (potenza 1 mW) dopo aver attraversato due fenditure distanti una dall'altra 0,5 mm.

foto interferenza
Figura 3.

Ad una analisi appena più attenta, appare evidente come l'intensità dei massimi e la posizione dei minimi di interferenza abbia una struttura simmetrica rispetto al massimo centrale (individuato nella foto da un trattino bianco sottostante). In aggiunta l'intensità dei massimi appare gradualmente diminuire all'aumentare della distanza di questi dal massimo centrale. In questa sezione intendiamo misurare l'andamento complessivo dell'intensità luminosa al variare di una coordinata orizzontale che, nel nostro caso, è rappresentata dall'indice che individua i singoli pixel di un sensore digitale. L'elemento quindi fondamentale è costituito da un sensore CCD (charge-couple-device) posto nel piano focale di una particolare fotocamera (quella in dotazione al laboratorio è distribuita dalla LD Didactic con il nome commerciale di VideoCom). Questo sensore consiste in una successione di 2048 pixel distribuiti su un'area di 28 mm x 200 μm, parzialmente visibile nella foto di fig. 4, e ciascuno dei quali è in grado di rilevare l'intensità incidente circa 80 volte al secondo. Tale informazione viene quindi inviata tramite una interfaccia seriale ad un PC dove un software opportuno permette di rappresentare l'andamento dei livelli dell'intensità adeguatamente normalizzati a 100.

camera e ccd   camera
Figura 4.
 
Figura 5.

Per ridurre i problemi di centratura di un eventuale sistema di lenti che avrebbe certamente ridotto l'ingombro dell'apparato, si è invece scelto di procedere ai rilievi escludendo la presenza di questi elementi ma rispettando comunque la condizione teorica sulla distanza fenditure-schermo con \(L\) (fig. 6) molto maggiore della distanza reciproca \(d\) tra le fenditure. Per tale motivo la fotocamera è stata utilizzata priva dell'obiettivo cosicché il ccd, facente le funzioni di schermo, veniva investito direttamente dalla luce proveniente dalle due fenditure, a loro volta investite dalla luce emessa da un comune puntatore laser a diodo (figura 7).

schema apparato
Figura 6.

particolare laser e porta-fenditure
Figura 7.

Distribuzione dell'intensità

I risultati della lettura dell'intensità su ciascun pixel del sensore sono memorizzati in un semplice file di testo facilmente esportabile in qualsiasi foglio di calcolo e nel quale ad ogni pixel è associato il valore, come detto normalizzato, dell'intensità: ne riportiamo di seguito un piccolo spezzone riguardante il massimo centrale della figura 8: da questo appare come l'intensità massima, pari a 76, sia rilevata nei pixel di ordine 1027, 1029, 1030, 1031.

1019	72,0
1020	72,4
1021	72,8
1022	73,2
1023	74,0
1024	74,8
1025	75,2
1026	75,2
1027	76,0
1028	75,6
1029	76,0
1030	76,0
1031	76,0
1032	75,6
1033	75,6
1034	75,2
1035	75,2
1036	74,8
1037	74,4
1038	74,4
1039	74,4
1040	74,4
1041	74,0
1042	73,6
1043	73,6
1044	73,2
1045	73,2
1046	72,8
1047	72,4
1048	72,4
1049	72,4
1050	72,0

L'andamento complessivo dell'intensità di una prima rilevazione con le fenditure separate di \(d=0.75\) mm e il ccd alla distanza \(L=3.335\) m è riportata, assieme alla foto delle corrispondenti frange, nella figura 8 che mostra pure come si sia selezionato l'intervallo \([350, 1700]\) dei pixel più significativi.

distribuzione dell'intensita' e foto
Figura 8.

In una seconda prova abbiamo modificato la sola distanza tra le fenditure aumentandola a \(d=1\) mm mentre ancora \(L=3.335\) m. Selezionato l'intervallo di pixel \([300, 1650]\) otteniamo la rappresentazione di figura 9

distribuzione dell'intensita' e foto
Figura 9.

Appare evidente come in entrambe le sessioni la distribuzione sia simmetrica rispetto al massimo centrale ma, diversamente da quanto previsto dalla sola teoria dell'interferenza e riassunto dalla \eqref{eq:eq07}, i massimi di interferenza non possiedono tutti il medesimo valore \(4I_0\) (si veda il grafico di fig. 3 nella pagina precedente) ma questo va decrescendo con l'aumento dell'indice \(m\) presente in \eqref{eq:eq07}. La ragione di questa apparente discrepanza sta nel fatto che ciascuna fenditura possiede a sua volta una certa larghezza e quindi è soggetta al fenomeno della diffrazione di Fraunhofer la cui distribuzione in intensità soggetta alla condizione \(L\gg d\) varia con l'ordinata \(y\) dello schermo (definita in fig. 2) secondo la funzione \begin{equation} I_{d}=I_{0}\biggl(\!\frac{\sin z}{z}\!\biggr)^{\kern-2pt 2}\!=I_{0}\biggl(\!\frac{\sin^2 z}{z^2}\!\biggl)\qquad\hbox{con}\qquad z=\frac{\pi\, a\, y}{\lambda L}\label{eq:eq10} \end{equation} essendo \(a\) la larghezza di ciascuna fenditura (tale relazione verrà giustificata in una futura pagina sulla diffrazione). Il grafico dell'intensità, come mostra la figura 10, presenta un pronunciato massimo centrato in \(z=0\) e quindi, simmetricamente a questo, una successione di massimi secondari di intensità sensibilmente inferiore. In particolare, le ascisse \(z_1\) e \(-z_1\) dei minimi di ordine uno definiscono gli estremi della regione entra la quale sussiste il massimo centrale dove si concentra la frazione maggiore di energia luminosa.

intensita' diffrazione
Figura 10.

Pertanto, l'effetto combinato della diffrazione da singola fenditura con l'interferenza di due (fig. 11) implica una distribuzione dell'intensità dove il fattore costante \(I_0\) nella \eqref{eq:eq07} viene sostituito dalla funzione \eqref{eq:eq10}, pure dipendente da \(y\) cosicché la funzione effettiva diviene

\begin{equation} I=4I_d \cos^2\Bigl[\frac{\pi\, d\, y}{\lambda L}\Bigr]=4I_{0}\biggl(\!\frac{\sin^2 z}{z^2}\!\biggl)\cos^2\Bigl[\frac{\pi\, d\, y}{\lambda L}\Bigr]\qquad\hbox{con}\qquad z=\frac{\pi\, a\, y}{\lambda L}. \label{eq:eq11} \end{equation}

In sostanza le intensità (costanti) dei massimi nell'interferenza (fig. 11) vengono modulate dalla distribuzione tipica della diffrazione che quindi ne costituisce l'inviluppo.

differenti intensita'
Figura 11.

Siamo ora in grado di interpretare correttamente le precedenti due distribuzioni sperimentali (figg. 8 e 9): in entrambi i casi queste mostrano come la successione di massimi e minimi di interferenza sia interamente compresa nella regione del massimo centrale e, a meno di un cambio di variabile (metri→pixel) e di una traslazione (0→ascissaMaxCentrale), possiamo riprodurre nella figura 12 la situazione della prima serie di misure mentre la figura 13 simula la seconda.

andamento intensita'
Figura 12.

andamento intensita'
Figura 13.

Confronto del modello teorico con i dati

In questa sezione intendiamo sfruttare le capacità numeriche di Mathematica in modo da individuare con il metodo dei minimi quadrati utilizzato dalla funzione FindFit i parametri del modello matematico \eqref{eq:eq11} per giungere ad una prima stima della lunghezza d'onda.
Pertanto a partire dalla distribuzione \eqref{eq:eq11} riscritta come

\begin{equation} \frac{I}{4I_0}=\biggl(\!\frac{\sin^2 z}{z^2}\!\biggl)\cos^2\Bigl[\frac{\pi\, d\, y}{\lambda L}\Bigr]\qquad\hbox{con}\qquad z=\frac{\pi\, a\, y}{\lambda L}. \label{eq:eq12} \end{equation}

definiamo i seguenti coefficienti (per i quali utilizziamo convenzionalmente lettere maiuscole)

\begin{equation} A=\frac{\pi\,a}{\lambda L},\qquad B=\frac{\pi\,d}{\lambda L} \label{eq:eq13} \end{equation}

cosicché riscriviamo il secondo membro come

\begin{equation} \biggl[\!\frac{\sin (A y)}{A y}\!\biggl]^{\kern-2pt 2}\!\cos^2(B y). \end{equation}

Poiché i valori dell'intensità sono normalizzati a 100 mentre la precedente espressione può restituire solo valori nell'intervallo \([0,1]\) è necessario introdurre un coefficiente moltiplicativo \(C\) che ristabilisca l'ampiezza corretta. Il secondo membro diviene quindi \begin{equation} C\biggl[\!\frac{\sin (A y)}{A y}\!\biggl]^{\kern-2pt 2}\!\cos^2(B y). \end{equation} Nei grafici delle figure 12 e 13, la funzione intensità appare simmetrica rispetto alla retta \(y=0\) mentre i valori forniti dal sensore seguono l'ordine numerico dei pixel da 0 a 2047 con un asse di simmetria che appare traslato rispetto allo zero (figg. 8 e 9). Per tale motivo alla variabile \(y\) sostituiamo la variabile traslata nel verso dei valori positivi \(y-D\) cosicché l'asse di simmetria ha equazione \(y=D>0\). Con questa ulteriore modifica il modello assume la forma \begin{equation} C\biggl[\!\frac{\sin [A (y-D)]}{A (y-D)}\!\biggl]^{\kern-2pt 2}\!\cos^2[B (y-D)]. \end{equation} Osserviamo inoltre che i valori minini dell'intensità forniti dal sensore (figg. 8 e 9) non sono nulli e ciò per il semplice fatto che durante l'acquisizione dei dati il buio non era completo (né poteva esserlo!). Per tener conto di tale intensità minima di fondo aggiungiamo il parametro additivo \(E>0\). Il modello teorico che dovrà adeguarsi ai dati assume quindi la forma definitiva \begin{equation}\bbox[border:1px solid red,15px,#ffffcc]{ f(y)=C\biggl[\!\frac{\sin [A (y-D)]}{A (y-D)}\!\biggl]^{\kern-2pt 2}\!\cos^2[B (y-D)]+E.} \label{eq:eq17} \end{equation}

Primi risultati

La principale funzione, scritta allo scopo di adeguare i parametri del modello \eqref{eq:eq17} ai dati acquisiti,

confrontaGrafici[nomeFile,intervalloDati,parametriIniziali],

prende in input i seguenti elementi:

  • nomeFile: rappresenta il file delle 2048 coppie (pixel, intensità) dal nome del quale si possono trarre i valori della
    • distanza delle fenditure in centesimi di millimetro (es. 075) e quello della
    • distanza fenditure-ccd in millimetri (es. 3335).
  • intervalloDati: seleziona i dati utili compresi nell'intervallo intervalloDati (es. {350,1700}) ed esclude quei pixel dove l'intensità non mostra alcuna variazione significativa.
  • parametriIniziali: Rappresenta la lista dei cinque parametri \(\{A,B,C,D,E\}\) di \eqref{eq:eq17} cioè l'insieme dei valori iniziali variando i quali la funzione FindFit contenuta in confrontaGrafici, ricerca il migliore fit ai dati.
    I valori iniziali di \(C\), \(D\) ed \(E\) si possono assegnare facilmente osservando, nell'ordine, il valore del massimo centrale, la sua ascissa in pixel e le ordinate, prossime allo zero, dei minimi.
    Le stime iniziali di \(A\) e \(B\), la cui unità di misura \(m^{-1}\) dev'essere riportata ai pixel \({\rm px}^{-1}\), si basano su una
    • valutazione iniziale approssimata della lunghezza d'onda (per es., un laser rosso avrà una lunghezza d'onda attorno ai 600 nm) e
    • sulle rispettive definizioni \eqref{eq:eq13}.
    Se per esempio, \(a=0.2\) mm, \(d=0.75\) mm, \(\lambda\approx 600\) nm e \(L\approx 3.3\) m, allora \begin{equation} \eqalign{A&\approx \frac{3.14\times 0.2\times 10^{-3}}{600\times 10^{-9}\times 3.3}\times \biggl(\frac{28\times 10^{-3}}{2048}\biggr)\approx 0.004\ {\rm px}^{-1}\cr B&\approx \frac{3.14\times 0.75\times 10^{-3}}{600\times 10^{-9}\times 3.3}\times \biggl(\frac{28\times 10^{-3}}{2048}\biggr)\approx 0.016\ {\rm px}^{-1}\cr} \label{eq:eq18} \end{equation} dove il fattore tra parentesi esprime il rapporto tra i 28 mm di lunghezza del sensore e i 2048 pixel distribuiti su di esso.

L'output di tale calcolo consiste nel poter confrontare la rappresentazione grafica dei dati con la funzione di fit trovata: le figure 14 e 15 riportano, assieme all'input di confrontaGrafici, appunto l'output costituito dal grafico della funzione \(f(y)\), \eqref{eq:eq17}, con sovrapposti i dati delle due prove.

confronto dati-modello
Figura 14.

confronto dati-modello
Figura 15.

Siccome l'accordo tra i due andamenti appare complessivamente soddisfacente esplicitiamo i valori dei parametri \(\{A,B,C,D,E\}\) individuati nel fit: a partire dai medesimi valori iniziali e tramite il comando parametriModello troviamo per la prima serie

parametri del modello
Figura 16.

mentre per la seconda

parametri del modello
Figura 17.

Siamo infine in grado di stimare la lunghezza d'onda della luce laser all'origine della successione di frange osservata: difatti noto il coefficiente \(B\) possiamo esplicitare \(\lambda\) dalla \eqref{eq:eq13} aggiungendovi il corretto rapporto (metri/pixel) già utilizzato nelle \eqref{eq:eq18} ed eseguendo quindi il calcolo \begin{equation} \lambda= \frac{\pi\, d}{B\,L}\times \biggl(\frac{28\times 10^{-3}}{2048}\biggr)\times 10^9 \end{equation} dove il fattore \(10^9\) si giustifica in quanto intendiamo disporre del valore di \(\lambda\) in nanometri. Nel notebook associato a questo studio tale calcolo viene svolto dalla funzione calcolaLambda. In definitiva i risultati ottenuti sono riportati nella tabella seguente approssimati all'unità:

2fenditure_075_3335_p_1.txt: 647 nm
2fenditure_100_3335_p_1.txt: 646 nm

Elaborazione alternativa semiautomatica

In questa sezione e nella successiva intendiamo ottenere la lunghezza d'onda sfruttando la classica relazione \eqref{eq:eq09} per cui sarà necessario dedurre la separazione \(\Delta y\) tra due massimi (o minimi) consecutivi. Per ottenere tale grandezza si può procedere con una scansione manuale dei dati memorizzati nel corrispondente file: individuati i massimi (o minimi) di intensità vanno annotati i corrispondenti pixel o, più in generale, va calcolato il loro valore medio in quanto, come si può notare nell'estratto sopra, sono più d'uno i pixel con una determinata intensità. In alternativa demandiamo tale ricerca ad una procedura di Mathematica non appena si siano definite (questa volta manualmente) le regioni rettangolari del piano entro cui ricercare le coordinate degli estremi: le due figure successive (18, 19) mostrano le zone entra le quali individuare tali coordinate.

zone rettangolari ed estremi
Figura 18.

zone rettangolari ed estremi
Figura 19.

Pertanto, individuate con la funzione coordinateEstremi le coppie degli estremi ed esportate in un foglio di calcolo (oppure, come detto, riportate a mano), è immediato il calcolo della separazione tra massimi adiacenti e minimi e quindi, sulla base di \eqref{eq:eq09} e del rapporto fisso (metri/pixel), ottenere i valori della lunghezza d'onda. Nel foglio di calcolo distribuito tra i sussidi e dal quale sono tratte le immagini 20 e 21, riportiamo pure il calcolo della media e dello scarto quadratico medio della media, nonché come risultato finale, il valore della media pesata e relativa stima dell'errore.

risultati modalita' 2
Figura 20.

risultati modalita' 2
Figura 21.

Risultati

Due osservazioni sulla sensibilità di questa procedura per il calcolo di \(\lambda\): osservando i singoli valori della lunghezza d'onda emerge come

  • una differenza di una decina di pixel nel calcolo di \(\Delta y\) comporti una variazione di circa 30 nanometri nel valore di \(\lambda\);
  • lo scarto quadratico medio della media (sqmm) appare nel caso dei minimi circa la metà di quello dei massimi: evidentemente il sensore individua con maggior precisione le zone a bassa intensità piuttosto quelle dove questa è più elevata.

La media pesata delle due prove è, in definitiva, \begin{equation}\bbox[border:1px solid red,15px,#ffffcc]{ \lambda= (644\pm 2)\,{\rm nm}} \label{eq:eq20} \end{equation} e appare sostanzialmente compatibile con i risultati della modalità precedente.

Elaborazione finale manuale

Le precedenti due modalità per giungere alla lunghezza d'onda sfruttano le misure acquisite tramite un sensore ccd associato ad una particolare fotocamera e collegato ad un PC tramite una interfaccia seriale. Pur senza la disponibilità di tali apparecchiature è comunque possibile risalire alla lunghezza d'onda utilizzando una comune fotocamera digitale che riprenda la distribuzione delle frange di interferenza avendo l'accortezza di riprendere, assieme alla successione di frange, pure un qualche riferimento spaziale di lunghezza nota così da poter risalire al rapporto (metri/pixel).
L'allestimento predisposto in questo caso è rappresentato in sezione verticale nella figura 22: fissato su una parete verticale un foglio millimetrato che funge da schermo, si dispone la fotocamera ad una distanza di circa 30 cm così da riprendere nella foto una buona parte della larghezza del foglio unitamente alla successione centrale delle frange.

schema allestimento
Figura 22.

Per ridurre l'effetto prospettico, comunque presente, il fascio laser passa radente la fotocamera che, ovviamente, è disposta in asse con la direzione del fascio. Sempre per ridurre la deformazione dovuta alla prospettiva, durante l'espozione (della durata di 3/4 secondi) l'ambiente non è completamente buio in quanto deve potersi cogliere nella foto il reticolo millimetrato di fondo (fig. 23).

foto con reticolo millimetrato
Figura 23.

Per quanto riguarda il blocco laser/fenditure, date le ridotte dimensioni del puntatore laser (diverso da quello utilizzato nelle due modalità precedenti) si è scelto di fissarlo ad una piccola tavola su cui si è disposto pure rigidamente il supporto delle fenditure. Tale assemblaggio facilita la trasportabilità e, soprattutto, permette un più immediato posizionamento in laboratorio (fig. 24).

blocco laser-fenditure
Figura 24

Una volta acquisite le foto, il rilievo dei dati nella forma di coppie di pixel si può eseguire con un qualsiasi software in grado di intervenire su immagini bitmapped. Per tale fase si è scelto Gimp, un editor di immagini libero e open source. Pertanto, individuati due punti del reticolo millimetrato prossimi agli estremi dell'insieme di frange e la loro distanza in cm, si riportano nel foglio di calcolo le rispettive coordinate in pixel lette nell'editor posizionando il cursore sopra di essi. Determinata la loro distanza in pixel tramite la nota formula cartesiana, un semplice calcolo fornisce il rapporto cercato (metri/pixel).

esiti modalita' manuale
Figura 25.

Tracciata quindi una linea che individui il piano orizzontale nel quale si distribuiscono le frange, si segnano con altrettanti trattini verticali le posizioni dei minimi e, con maggiore difficoltà, il centro dei massimi. Successivamente, posizionando il cursore nei punti di intersezione si leggono nell'editor le coordinate e le si riportano nel foglio di calcolo. Ancora con la formula della distanza si calcola la separazione \(\Delta y\) in pixel e quindi, riportata quest'ultima grandezza ai metri, si ottiene tramite la \eqref{eq:eq09} la lunghezza d'onda.

Risultati

Innanzitutto osserviamo come l'errore sui minimi sia, anche in questo caso, circa la metà di quello dei massimi. Comunque, uno sguardo a tutte le foto riportate in questa pagina della struttura delle frange ne chiarisce il motivo: difatti l'estensione orizzontale dei minimi appare sempre decisamente minore di quella dei massimi cosicché risulta più agevole individuarne la posizione centrale. I risultati ottenuti nella prova riportata in figura 25 ma pure nelle altre prove contenute nel foglio di calcolo distribuito tra i sussidi mostrano un ottimo accordo con l'aspettativa di una lunghezza d'onda di 650 nm dichiarata nel foglio delle proprietà che accompagna il laser utilizzato: difatti la media pesata tra massimi e minimi risulta \begin{equation}\bbox[border:1px solid red,15px,#ffffcc]{ \lambda= (651\pm 2)\,{\rm nm}} \label{eq:eq21} \end{equation}

Bibliografia

  1. A. Bettini: "A Course in Classical Physics. 4-Waves and Light", Springer.
  2. E. Hecht: "Optics", Pearson.
  3. F. Pedrotti, L. Pedrotti: "Introduction to Optics", Pearson.

Sussidi didattici e ringraziamenti

Quali sussidi didattici associati a questa esperienza riportiamo:

  • il notebook interferenza.nb di Mathematica contenente il codice delle funzioni utilizzate per l'elaborazione secondo le prime due modalità. La descrizione dello scopo e della sintassi delle varie funzioni precede come breve commento le funzioni stesse. Tale notebook presenta pure una simulazione grafica della dipendenza dell'intensità dai diversi parametri coinvolti.
Preleva interferenza.zip (92 kB)
  • La traduzione nel formato PDF del precedente notebook.
Preleva interferenza.pdf (3.05 MB)
  • La simulazione presente nel notebook è distribuita anche nel formato CDF, utilizzabile liberamente tramite il CDF Player e pure nel formato GGB di GeoGebra.
Preleva simulazione.zip (132 kB)
  • Un foglio di calcolo in formato XLSX con i calcoli relativi alla modalità semiautomatica e a quella manuale.
  • Un file ZIP con i dati rilevati nelle due prove presentate in questa pagina.
Preleva dati2Prove.zip (11 kB)

Ringraziamenti. Uno speciale ringraziamento al sig. Paolo Giacon non solo per le ben note conoscenze tecniche nell'allestire le esperienze in un laboratorio didattico ma pure per il costante e costruttivo confronto nel ricercarne le migliori condizioni sperimentali, tutte doti che si accompagnano a una fattiva disponibilità e pazienza.